giovedì 30 luglio 2009

voyagepouravignonfestival2009

Voyage, pour le Festival d’ Avignon 2009
Quest’anno ad Avignon, al Festival, c’è un libro che vi accompagna. Prima di partire, su internet, avevo già letto di questo libro, e anche qualche pezzo di questo libro (che si può scaricare sul sito del festival di svigno). Mi erano interessati alcuni elementi:
- Che fosse coinvolto uno scrittore e attore libanese, tale Wajdi Mouawad
- Che in un passaggio che avevo letto Mouawad parlasse di fatti di attualità come le sommosse e le rivolte della Grecia dei mesi a partire dal dicembre del 2008
Finalmente qualcuno che, pur facendo un mestiere artistico, quindi sublimante per certi versi, quindi alienante per certi versi, si (e ci) radica nel quotidiano, nei fatti e nei gesti con significati forti, “pericolosi”, mi sono detto

La cosa interessante è che lui, da libanese nato negli anni ’60, fa un excursus a partire dal ’68, passando per la guerra in Vietnam, Iran, Iraq, Kossovo, ex Jugoslavia, fino ad arrivare, appunto, alle rivolte di Atene…Questo è un punto centrale: l’elaborazione del trauma della guerra, che poi è quello dei conflitti, della violenza…E’ interessante riportare all’oggi, al vicino, al “nostro”, quello che può sembrare comodo tenere lontano, facendo finta di considerarlo , di gestirlo…ma in realtà eludendolo, prendendoci e prendendo in giro…Ora, il trauma della guerra è un trauma antico, ma noi viviamo oggi e dobbiamo cogliere alcune pertinenze contemporanee…Nel libro Il secolo breve, Hobsbauwm, riporta le parole di suo nonno, il quale diceva che a partire dal 1914 non si è più potuto parlare di pace…Certo, noi dobbiamo fare i conti con tanti traumi, noi nati nel XX secolo o giù di lì (fine ventesimo secolo…)E’ chiaro che, caricati di questi cumuli di traumi, guerre a ripetizione, e, inaudito a dirsi, destinati a una guerra infinita, abbiamo bisogno di tamponare, di rattoppare, di addormentarci il più possibile per sopportare la coscienza di tutto sto popò di roba….(sto andando a braccio, prendendola alla larga e non so dove andrò a parare) raccontare è una delle forme per cauterizzare le ferite psicologiche, l’ho imparato ai tempi della tesi di laurea sull’importanza della scrittura poetica e narrativa presso gli emigrati italiani in Belgio della seconda metà del XX secolo…Da qualche tempo mi sono preso la briga di adottare questo metodo…Ultimamente mi soto sentendo “attaccato” (mi sento attaccato anche nel senso di incollato)…a me stesso…e anche da parte di amici e, soprattutto, devo dire, ultimamente, da amiche…Soprattutto nelle ultime settimane precedenti la mia partenza per Avignon. Nel libro Voyage, c’è un passaggio che mi ha sollevato l’animo, ed è questo pezzo in cui Mouawad dice: “la mia difficoltà è consistita, precisamente, nell’attraversare questo periodo difficile in ui avevo l’impressione che raccontare storie non avesse alcun senso. Mi dicevano : <>, <>, <>, <>….fino al peggiore e più viscido <>. Tutti questi giudizi, con annesso il sapore di disprezzo celato, di sufficienza, di amicizia invidiosa, di moralismo virtuoso, ho dovuto imparare a gestire” (p.36, W. Mouawad, H. Archambault, V. Baudrier, Voyage, pour le Festival d’Avignon 2009) A pag. 49 c’è un altro passaggio che dice certe cose che io, rispetto a Mouawad, che fa questo mestiere da decenni, non ho ancora elaborato né tanto meno formulato, io che lo faccio da meno di un lustro, e comunque al suo livello non ci sono arrivato ancora e ne sono molto lontano

Lo scarabeo

Lo scarabeo è un insetto che si nutre di escrementi di animali molto più grandi di lui. Gli intestini di questi animali hanno cercato di assorbire tutto ciò che c’era da assorbire dal cibo ingurgitato dall’animale. Pertanto, lo scarabeo trova all’interno di ciò che è stato scartato il nutrimento necessario alla sua sopravvivenza grazie a un sistema intestinale di cui la precisione, la finezza e una incredibile sensibilità superano quelle di ogni altro mammifero. Di questi escrementi di cui si nutre, lo scarabeo prende la sostanza appropriata alla produzione del suo manto così magnifico che tutti conosciamo e che commuove il nostro sguardo: il verde jade dello scarabeo di Cina, il rosso porpora dello scarabeo d’Africa, il nero di jais dello scarabeo d’Europa e il tesoro dello scarabeo d’oro, mitico fra tutti, introvabile, mistero dei misteri. Un artista è uno scarabeo che trova, negli escrementi stessi della società, gli alimenti necessari por produrre le opere che affascinano e sconvolgono i suoi simili. L’artista, come uno scarabeo, si nutre della merda del mondo per il quale lavora, e da questo nutrimento abietto, arriva , a volte, a far zampillare la bellezza” (Wajdi Mouawad)

Nessun commento: