lunedì 13 luglio 2009

spazi liberati muoiono e spazi militarizzati crescono

Spazi liberati muoiono, invasioni militari restano, a Firenze oggi, a l’Aquila da due mesi, altrove ancora….

In questo momento stanno sgomberando Villa Panico Occupata a Firenze e anche il Casolare Occupato La Riottosa. Sono due luoghi dove un anno fa io ero ospite, abitavo, condividevo momenti conviviali intensi, senza voler idealizzare o folkloristicizzare certe realtà e certi stili di vita conviviali. E non voglio neanche dire di cose che ho condiviso, di tipo espressivo, musicale, ancora una volta conviviale. Perché sono cose intime e personali. Solo che, per esempio, insieme agli occupanti e agli abitanti di Villa Panico, ho visto e partecipato, forse come mai mi era capitato fino ad allora, in un impresa tanto semplice fino a qualche decennio fa, quanto “pericolosa” oggi, soprattutto in certe città, soprattutto a Firenze: riprendere uno spazio pubblico della città e raccontare una storia, cantando magari, e contribuendo a creare un momento di scambio popolare diretto (senza preavviso, senza autorizzazione, senza burocrazia). E’ un emozione che non voglio neanche comunicare perché è troppo intima e incomunicabile. Il dolore che provo nel sapere che spazi come questi due siano eliminati, con accuse infondate, pretestuose e vilipendiose (terrorismo o sovversione che di r si voglia), si mescola all’indignazione e alla rabbia per le condizioni di vita sempre più militarizzate di un Europa in cui l’Italia sembra una triste avanguardia. Il dolore che provo si mescola al dolore per la consapevolezza dello scempio che si sta compiendo a l’Aquila, dove, come ho appena letto in una testimonianza del giornale Peggio pubblicata su informa-azione.info, si sta svolgendo una prova di controllo sociale e militarizzazione, repressione e umiliazione che alcuni definiscono “da lager”. Sono parole forti, dure, che, purtroppo, dicono ben poco, e sono poca cosa, rispetto a quello che sentono, provano e vivono centinaia se non migliaia di persone, a l’Aquila e non solo, sui treni di Trenitalia, lungo le strade che, come mi disse un ragazzo che mi diede un passaggio da Tuscania a Viterbo, “somigliano sempre più a delle bare, e le strade a cimiteri”. Solidarietà e senso di impotenza, incapacità di comunicare il sentimento che provo, rabbia e indignazione, e consapevolezza anche di altre più complesse situazioni, mi avvicinano e fanno sentire parte di chi sta lottando per resistere strenuamente a un ennesimo atto di militarizzazione, controllo e repressione, travestiti da normale quotidianità

Angelo, 14 luglio 2009, Genova

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